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29 aprile 2005

"Ci vuole un colpo in cui muoiano a migliaia"

Gli islamici

"Ci vuole un colpo in cui muoiano a migliaia"

FRANCA SELVATICI

«E' schifosa, non si può più, non è più l'Italia... ah, Mohamed, se viene colpita l'Italia...». «Lasciamo perdere questi col­pi...», replica Mohamed. «Si, ma se Dio mi aiuta, la sto pensando, Mohamed. Sai dove, Mohamed? Lì ai Gigli o lì al cinema di fronte ai Gigli. Un colpo nel quale mo­riranno migliala e migliala... migliala. Un sabato pomeriggio in quel cinema di fronte ai Gigli. Però io non sono convin­to al 100%...".Questa conversazione, re­gistrata dalla Digos il 24 aprile 2004 in un'auto, è in assoluto la più sconvolgente di tutta l'indagine sulla cellula dor­miente del terrorismo islamico che, se­condo le accuse, si era formata all'inter­no della moschea di Sorgane. Quelle fra­si terrificanti furono pronunciate da Nizar Cherif, uno degli 8 immigrati norda­fricani accusati di associazione con finalità di terrorismo internazionale, che affrontano in questi giorni l'udien­za preliminare. In aula Cherif ha spiega­to che si trattava di un ragionamento ipotetico: forse con un grande attentato l'Italia si sarebbe ritirata dall'Iraq, come aveva fatto la Spagna dopo la strage di Madrid dell'11 marzo 2004. Una spiega­zione, in verità, niente affatto rassicu­rante, anche se Cherif ha precisato che la sua religione gli vieta di praticare la violenza. Ieri, discutendo davanti al Gip, l'avvocato Lapo Bechelli ha riconosciu­to che l'impatto emotivo della frase è fortissimo, ma ha rilevato come nelle centinaia di migliala di pagine dell'in­chiesta non sia stato trovato il minimo riscontro a quelle terribili parole. Tanto che Cherif non è stato arrestato, diversamente da altri cinque suoi correligionari. Se fosse stata trovata una qualunque conferma, sarebbe stato ritenuto di gran lunga il più pericoloso.
Invece — ha concluso il legale — erano solo parole al vento e come tali non punibili.

La Repubblica Firenze 29.04.2005