"Ci vuole un colpo in cui muoiano a migliaia"
Gli islamici
"Ci vuole un colpo in cui muoiano a migliaia"
FRANCA SELVATICI
«E' schifosa, non si può più, non è più l'Italia... ah, Mohamed, se viene colpita l'Italia...». «Lasciamo perdere questi colpi...», replica Mohamed. «Si, ma se Dio mi aiuta, la sto pensando, Mohamed. Sai dove, Mohamed? Lì ai Gigli o lì al cinema di fronte ai Gigli. Un colpo nel quale moriranno migliala e migliala... migliala. Un sabato pomeriggio in quel cinema di fronte ai Gigli. Però io non sono convinto al 100%...".Questa conversazione, registrata dalla Digos il 24 aprile 2004 in un'auto, è in assoluto la più sconvolgente di tutta l'indagine sulla cellula dormiente del terrorismo islamico che, secondo le accuse, si era formata all'interno della moschea di Sorgane. Quelle frasi terrificanti furono pronunciate da Nizar Cherif, uno degli 8 immigrati nordafricani accusati di associazione con finalità di terrorismo internazionale, che affrontano in questi giorni l'udienza preliminare. In aula Cherif ha spiegato che si trattava di un ragionamento ipotetico: forse con un grande attentato l'Italia si sarebbe ritirata dall'Iraq, come aveva fatto la Spagna dopo la strage di Madrid dell'11 marzo 2004. Una spiegazione, in verità, niente affatto rassicurante, anche se Cherif ha precisato che la sua religione gli vieta di praticare la violenza. Ieri, discutendo davanti al Gip, l'avvocato Lapo Bechelli ha riconosciuto che l'impatto emotivo della frase è fortissimo, ma ha rilevato come nelle centinaia di migliala di pagine dell'inchiesta non sia stato trovato il minimo riscontro a quelle terribili parole. Tanto che Cherif non è stato arrestato, diversamente da altri cinque suoi correligionari. Se fosse stata trovata una qualunque conferma, sarebbe stato ritenuto di gran lunga il più pericoloso.
Invece — ha concluso il legale — erano solo parole al vento e come tali non punibili.
La Repubblica Firenze 29.04.2005
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