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24 febbraio 2007

Continua il processo alla "cellula di Sorgane"

I sette giovani accusati di terrorismo internazionale si difendono in corte d'assise

"Un attentato tra la folla ai Gigli? Era solo un ragionamento ipotetico"

FRANCA SELVATICI

«VOLEVO conoscere la verità sul Medio Oriente. Non mi fido dei giornali. Sono arabo. Mi interessa sapere che cosa succede a casa mia». Cosi Raghoubi Choukri — uno dei sette giovani immigrati nordafricani sotto processo per terrorismo internazionale con l'accusa di aver costituito all'in­terno della moschea di Sorgane una cellula islamica «In fase di risveglio» — ha cercato di spiegare ieri, in corte d'assise, perche lui ed i suoi amici detenevano mate­riale sulla guerra santa e sermoni di imam fondamentalisti. In alcu­ni dei filmati, che la corte ha esaminato alcuni giorni fa, compaio­no anche Osama bin Laden e altri capi di Al Qaeda. Un altro impu­tato, Chouk Jamil, studente di architettura, ha spiegato che quan­do avvenivano certi fatti, lui e i suoi amici cercavano notizie sul sito internet di Al Jazeera, dove talvolta trovavano rinvii alle pagi­ne web dei gruppi fondamentali­sti che rivendicavano certe azio­ni. Sul suo computer Chouk Jamil sono state trovate cartine topografiche che avevano suscitato un certo allarme. Si temeva che potessero essere obiettivi per at­tentati. Il giovane ha spiegato che si trattava di materiale per le sue ricerche di architettura.
Più tormentato l'interrogato­rio di Raghoubi Choukri. Secon­do le accuse, stava cercando do­cumenti falsi per poter andare a combattere in Iraq. Lui ha smen­tito: «Non ho mai progettato di andare in Iraq. Ma nel 2003, dopo l'invasione americana, vedevo cose che non mi piacevano. Guardavo la tv e vedevo i bambi­ni con il sangue in faccia che dice­vano "Aiutateci". Io sono musul­mano e prima di tutto sono un es­sere umano. E stavo male». Raghoubi aveva scaricato da internet il programma di allenamentodei mujahiddin, i combat­tenti della guerra santa. «Ma non c'erano esercizi con armi», si è di­feso lui, offrendo poi una spiega­zione piuttosto strampalata del suo interesse per gli allenamenti per diventare guerrigliero. «Era­no esercizi svedesi. Credevo che potessero servirmi per il mal di schiena». E a questo punto il presidente della corte d'assise si è sentito un po' preso in giro.
Poi è toccato a Cherif Nizar spiegare alla corte il senso della conversazione intercettata il 24 aprile 2004, la più agghiacciante di tutte quelle raccolte dalla Digos nel corso delle indagini. «Se Dio mi aiuta, lo sto pensando. Sai dove? Lì ai Gigli o lì al cinema di fronte ai Gigli. Un colpo nel quale moriranno migliaia e migliaia... migliaia. Un sabato pomeriggio in quel cinema di fronte ai Gigli. Ah.. però io non sono convinto al cento per cento». In udienza preliminare Cherif Nizar aveva spiegato che si trattava di un ragiona­mento ipotetico. Forse con un grande attentato l'Italia si sareb­be ritirata dall'Iraq, come aveva fatto la Spagna dopo la strage di Madrid dell'11 marzo 2004. Ieri ha detto: «Non stavamo proget­tando niente. Era solo una pro­vocazione». In effetti nel corso delle indagini non è stato trovato il minimo riscontro a quelle ter­ribili parole. E gli imputati ripe­tono: la nostra religione ci vieta la violenza.

La Repubblica Firenze 24.02.2007

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